Il desiderio di vivere in un
mondo perfetto è costante in ogni gruppo umano: esso si inscrive,
implicitamente o esplicitamente nelle dottrine religiose, filosofiche e
politiche, che possono divenire ispiratrici di attività il cui fine è
sostituire all’ordine esistente, che è intollerante, un mondo rinnovato, giusto
e felice.
Si origina così un movimento: la
collettività non si accontenta più di sognare l’era della futura felicità, né
di formulare speculazioni teoriche sul benessere delle epoche che verranno;
essa si mette in moto per raggiungerli nel minor tempo possibile su questo
mondo. Così come le ideologie profane o materialiste, anche quelle a sfondo
religioso hanno dato origine a numerosissimi movimenti di questo tipo. Questi
non sono mai movimenti religiosi “puri”, ma moti di rivolta che utilizzano la
religione e si riferiscono concettualmente a essa per giungere alla soluzione
di problemi politici economici e sociali. Il punto di partenza è il rifiuto
della società esistente, considerata particolarmente detestabile.
La storia sociale del Brasile è
ricca di costanti lotte; esse riguardano gruppi sociali rappresentanti diverse
classi che in momenti e modi specifici si trovarono a vivere situazioni di
rottura dei precedenti equilibri.
Sono stati pubblicati decine,
forse centinaia di testi di vario tipo, oltre a numerose ricostruzioni
storiche, si trovano molti racconti, ma anche ballate e opere in versi,
eterogenea espressione di una vasta letteratura popolare dedicata alle rivolte
contadine e ai leggendari cangaceiros.
Insomma, quanto era possibile
dire sull'argomento in base alle fonti disponibili è forse già stato detto da
qualche tempo, se non altro a livello d’analisi e comprensione dei fenomeni in
funzione di un'utilità immediata. Sono ancora considerati da molti, in maniera
semplicistica, com’episodi di delinquenza e banditismo comune. È necessario
rompere con questa concezione, per riconoscerli come movimenti che segnarono
profondamente la storia del Nord Est brasiliano nell'arco di due secoli, e
capire le loro vere cause sociali.
Gran parte dei testi pubblicati
su questi fenomeni - tra i meno compresi nella storia dei movimenti sociali
brasiliani - non riesce a interpretarli in modo cosciente, a percepirli come
fenomeni di protesta sociale generati dalla miseria, tipici delle società
rurali dei secoli scorsi, caratterizzate da forti squilibri sociali e
dall'incapacità delle autorità di controllare il territorio, in particolare le
zone periferiche del sertão. Le ribellioni si esprimevano
attraverso forme endemiche di opposizione collettiva e violenta alla legge, ma
erano pronte a esplodere in modo virulento in particolari momenti di crisi
politica, economica e sociale, come accadde nel corso dell'800 fino alla metà
del '900.
Infelicemente la storiografia
ufficiale si riferisce a questi argomenti con la sbrigativa definizione "O Ciclo do Banditismo". In questo
modo non fa che riconoscere l'ovvio: da un lato, il sostentamento materiale
come l'unico stimolo ai cangaceiros era il prodotto dei loro assalti e,
dall'altro, la rivolta intorno ad un beato o consigliere, per implorare doni
dal cielo e pagare per i peccati che consideravano cause delle loro disgrazie,
come l'unica stanza dei movimenti mistici. Al contrario, Canudos conteneva un
rifiuto profondo della struttura sociale nella quale i contadini vivevano oltre
ad un sentimento di ribellione verso eventi che il gruppo considerava
particolarmente detestabili e che pertanto si proponeva di eliminare: religioso
nella forma, la rivolta Canudos era quindi una rivolta socio-economica e
politica nelle finalità. Ma la storiografia ufficiale dimentica totalmente i
fattori storici che propiziarono il sorgere di queste manifestazioni e anche la
loro disfatta.
Questi fenomeni vanno inquadrati
come ribellioni contro l'ordine sociale ingiusto e oppressivo, e inoltre come
tentativi di imporre la giustizia con le proprie mani: il cangaço quale movimento indipendente, che si ribellava contro i
latifondisti, o i potenti. Canudos invece, non perché movimento religioso
"puro", bensì come rivolta che utilizzava la religione per giungere
alla soluzione di un problema politico-sociale o economico-sociale, partendo
dal rifiuto della società esistente, considerata particolarmente detestabile.
Che cosa portò questi essere
umani, alle volte tranquilli sertanejos a riunirsi in bande, a
brandire le armi in mano, a uccidere, rubare e distruggere proprietà? Questi nordestinos sarebbero esseri inferiori
per natura come spiegano alcuni nazionalisti? La loro violenza dipenderebbe da
fattori genetici, come pretendono i razzisti? Sarebbe un castigo divino, come
deducono i religiosi? È evidente che questi punti di vista sono soggettivi, e
distolgono l'attenzione dai fattori oggettivi, d’ordine sociale, che stimolarono
l'insorgere di tali eventi.
Invece, il movimento del cangaço e Canudos devono essere visti
come un’esplosione sociale, una conseguenza logica della disastrosa politica
sociale che sempre resse lo stato brasiliano.
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